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Letture


Ho appena concluso la lettura del bel saggio di Eva Cantarella che si intitola Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia. Parla di cosa significava essere figlie, mogli, madri, vedove nell'antica Roma. Parla, in realtà, di noi e di come il ruolo della donna nella società occidentale sia derivato da quel mondo da cui discendiamo, volenti o nolenti.

L'autrice si muove con disinvoltura fra fonti letterarie, epigrafiche, giuridiche e ci presenta un quadro esaustivo, e ben comprensibile anche ai non addetti ai lavori, del rapporto fra i sessi nell'antica Roma. Quest'ultimo era di fatto basato su un compromesso, su uno scambio. Da una parte esse, in qualità di mogli, madri ed educatrici, trasmettevano ai figli i valori di un mondo maschilista, che le tagliava fuori dalla vita attiva; dall'altra, ricevevano un compenso, ritenuto evidentemente soddisfacente, che consisteva nell'elogio privato e pubblico delle loro virtù, monumenti, celebrazioni e la possibilità che il loro patrimonio non venisse intaccato dalle tasse. Parole e denaro, ma niente potere.

Mentre mi addentravo sempre di più nel testo mi sono venute in mente tante immagini di come il rapporto fra i sessi nella società contemporanea non sia mutato di molto. Con la nostra emancipazione, gli uomini hanno di fatto delegato alla donna il problema del sostentamento, prima risolto tramite l'istituto della dote. Tuttavia le strutture della società non sono ancora pensate per andare incontro ad una donna che voglia provvedere a se stessa essendo, contemporaneamente, madre.

Ho conosciuto decine di donne che hanno dovuto lasciare il lavoro per dedicarsi ai figli, poiché non supportate dalla presenza di una rete familiare che potesse supplire alle carenze del sistema sociale. Lo stesso sistema sociale che le aveva prima illuse di poter fare carriera, di poter occupare i primi posti della gerarchia sociale e le ha poi relegate a custodi del focolare domestico con tanto di elogi per il 110 e lode preso nei bei tempi che furono.

Probabilmente avremmo meno bisogno di parole vuote e di più possibilità di scegliere realmente la forma da dare alla nostra vita. Ma per far questo dovremmo vivere in un contesto pensato per supportare le nostre necessità nella quotidianità, accontentarci di meno e fare sentire di più la nostra voce.

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