Tempo d'estate, tempo di compiti. Oppure no?
Il dibattito è sempre rovente quando si tratta questo argomento. Gli alunni storcono il naso e sostengono di aver diritto al riposo; gli insegnanti temono che due mesi di ozio vanifichino i progressi fatti durante l'anno.
È una scelta non facile e non può esserci una soluzione univoca. Le persone che ci troviamo di fronte sono tutte diverse; fra i banchi non ci sono androidi che rispondono in modo prevedibile a determinati input. Ci sono invece esseri umani in cammino su una strada che, per qualche anno, confluisce in quella grande piazza che è la classe.
Come insegnanti abbiamo il compito di rendere la porzione di cammino che condividiamo con gli alunni degna di essere vissuta, pregna di significato. Per questo motivo, scegliere quali compiti assegnare, scegliere se assegnare dei compiti o no, dipende dal percorso che si sta facendo insieme.
In generale, io non amo assegnare pagine infinite di esercizi che demotivano i più motivati e inducono i meno motivati a copiare. Preferisco di gran lunga consigliare delle letture. Romanzi, poesie, racconti che siano propedeutici allo studio delle tipologie testuali, a partire da settembre. Accanto a questi, è bello lasciare gli allievi liberi di esplorare, liberi di scegliere le letture che preferiscono.
Come verificare che la consegna sia portata a termine? Con l'esperienza ho constatato che è del tutto inutile somministrare un classico test con domande a risposte aperte o chiuse. È molto più efficace chiedere la stesura di un diario di bordo in cui annotare emozioni e riflessioni suscitate dalla lettura. Un quaderno di pensieri su cui costruire percorsi didattici, al rientro a scuola. In alternativa, si può strutturare un compito autentico che metta in moto competenze specifiche da potenziare.
Ci sono ancora infinite opzioni che, sono sicura, possono essere esplorate. La voglia di provare e di sperimentare di certo non manca.
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